bio/interview

N. Nome?

B. Enrico.

 

N. Cognome?

B. Bonetto.

 

N. Presudonimo?

B. Since72.

 

N. Perché?

B. “Padua me genuit”.

 

N. Mi sembra tanto un cliché che sa da sottotitolo di un marchio di fabbrica americano. Le ripeto quindi cortesemente la domanda: Perché?

B. In effetti c’è una relazione con “Since72” e il mio studio che chiamo evocativamente  la mia “factory”. Questo non le richiama alla mente certi artisti newyorchesi?

 

N. Sarebbe in grado di descriverla?

B. Un fienile degli Anni ’30 nella campagna Veneta, ereditato dai nonni, che ho mantenuto volutamente com’era. Nessun restauro quindi; nessuna manomissione; solo una semplice mano di calce bianca che ha creato un ambiente affascinante ed “estremo” nella sua essenzialità minimalista!

 

N. Ho capito: quelle mura le assomigliano in qualche maniera.

B. Esatto, sono il mio biglietto da visita. Sono il mio “luogo dell’anima”.

 

N. Perchè questa intervista, semiseria?

B. Per raccontarmi un po', tutti dovrebbero raccontarsi un po' di più, odio i segreti, voglio che la gente capisca come sono. Spesso sono frainteso.

 

N. Il male del mondo?

B. L'ipocrisia, è come la polvere.

 

N. Un bene del mondo?

B. La verità, la verità in quanto nuda è pura bellezza.

 

N. Quante opere ha venduto quest’anno?

B. Una. Pensa che in un anno ho venduto tante opere quante Van Gogh in una vita!

 

N. Quale?

B. I “12 apostoli”, tutti dicono la mia opera migliore.

 

N. Secondo lei?

B. La migliore è quella che devo ancora fare.

 

N. Molte mostre, molti concorsi, tanti eventi nel 2010: il migliore?

B. La leggerezza della ragione ed (in)càvo: due mostre formidabili!

 

N. Cosa ricorda in particolare?

B. Della prima ho due ricordi: uno legato all'allestimento, quando la curatrice Lucia Majer come una direttrice d'orchestra, ha riempito una stanza vuota. E’ stato emozionante. L’altro episodio quando, spiegando un mio lavoro, l'amica C.G. si è visibilmente emozionata. Lì ho capito che la mostra aveva un senso. Alla mostra (in)càvo devo in particolare il merito di aver conosciuto veri artisti come Adolfina De Stefani e Massimo Casagrande.

 

N. Il lavoro del 2010 che preferisce?

B. Sicuramente “Decidere”, un lavoro fortemente concettuale, potrei definirlo un autoritratto per certi versi.

 

N. La politica?

B. Dovrebbe cambiare: sposterei innanzitutto il Parlamento in riva al mare, tra Rimini e Riccione, su un edifico moderno interamente in vetro, in modo da poter vedere all'interno.  Abolirei anche la forma a ferro di cavallo dell’emiciclo, così non si parlerebbe più di destra, centro e sinistra. Meglio una platea a più piani così si direbbe: lei è del piano terra noi siamo del primo... come in condominio.

 

N. Presidente?

B. Maurizio Cattelan.

 

N. Cosa pensa della cultura?

B. Se leggiamo i filosofi classici 300-400 a.c. ci accorgiamo quanto siano moderni e mi domando: perchè in più di 2000 anni l'uomo si sia evoluto così poco sotto il profilo culturale. Non ricordo neanche più quando l'uomo sia andato sulla luna, la luce riscalda le nostre case e con un telefonino facciamo di tutto; ma c’è ancora moltissima gente che non capisce l'arte contemporanea.  Penso che i filosofi storici si stupirebbero della nostra ignoranza.

 

N. E lei cosa fa per cambiare tutto ciò?

B. Ho fatto “Coltiva la cultura”: è poco?

 

N. No comment! Qui le domande le faccio io.

B. Lei sa sempre distinguersi  per incoraggiare gli “artisti emergenti”.

 

N. Continuiamo con gli argomenti seri: L'arte?

B. L'arte è fantastica perchè inutile. Il limite infatti dell'architettura, del design e della moda è che devono sottostare a delle regole, essere utili; l'arte in quanto inutile è superiore.

 

N. Ma in particolare per lei che cos’è l'arte?

B. Una medicina, ma per molti altri non è così, per molti è una droga.

 

N. Che genere di artista si definisce?

B. Amo definirmi artista concettuale. E riconosco che la vera arte è la musica: in quanto facilmente riproducibile, alla portata di tutti. Non essendo capace né di cantare né di suonare, tendo al tipo di arte che più si avvicina alla musica, ovvero l'arte concettuale.

 

N. Il sesso?

B. L'unica cosa paragonabile all'arte. L'amore è utile in quanto consegue la natalità, il sesso invece è come l'arte: perfettamente inutile, e come tale non riuscirei a farne a meno.

 

N. Molti la definiscono un artista ironico.

B. Esatto. Nell'arte riesco ad essere più ironico che nella vita, perchè non prendendola sul serio mi diverto e basta.

 

N. Chi è la Luna?

B. Mia moglie, era banale definirla bella come il sole ed in più mi sembra che la luna le si addica di più.

 

N. La descriva?

B. Alternativamente bella dentro e fuori, ossuta.

 

N. Per caso lei è anche un po’ ruffiano?

B. Alternativamente… dentro e fuori.

 

N. Il perchè della sua convulsa produttività?

B. Mi sono reso conto che sono vivo e come tale ogni giorno muoio, per questo voglio lasciare, anche se labili, quante più tracce possibili.

 

N. Una pulsione ancestrale, animalesca. Le piace marcare il territorio e, forse in senso esteso, marcare la sua esistenza.

B. Sì. E’ proprio così. In simbiosi con il proprio tempo ed i propri luoghi.

 

N. Ma allora si è accorto tardi di essere vivo?

B. Effettivamente si; molte persone non si accorgono mai di essere vive.

 

N. Lei artista laureato in ingegneria?

B. Si proprio come Calder e Melotti se le sembra poco!  Burri era un medico. Ma odio questi luoghi comuni.

 

N. Progetti futuri?

B. Videoarte, un cortometraggio, magari un libro, un grande progetto d’arte e un loft a Marghera nel regno del moderno degrado: un fascino irresistibile!

 

N. Lei a volte quando risponde alle domande mi lascia perplesso.

B. Capisco la sua semplicità. Ma io penso a quel luogo (Marghera n.d.a.) ed immagino che il suo rilancio internazionale potrebbe passare per l’arte e per gli artisti che lì avranno il coraggio di trasferirsi, di produrre e di mettersi in rete fra di loro: idea semplicemente rivoluzionaria anche se ha avuto già una realizzazione a Midtown Manhattan.  Le dice niente questo?

 

N. Le ripeto che oggi le domande le faccio io.

B. Scusi ma quando parlo di queste visioni, le vedo chiarissime nella mia mente.

Mi ha capito!

 

N. Si. Ma mi dica: perchè l'utilizzo di materiali di recupero?

B. Perchè sono a portata di mano e non costano nulla. Voglio fare arte con “niente” e spesso questo niente sono “scarti” e “residui” che sono là. Spesso neanche li cerco.

 

N. Lei si definisce un artista?

B. Artista è chi l’artista fa. Io ad esempio potrei definirmi il “Forrest Gump” dell’arte. Noi tutti siamo artisti, bisogna avere il coraggio di ammetterlo, come l'omosessualità. Si. In questo senso sono un artista.

 

N. E' gay?

B. No, non mi chieda di fare “outing”.  Però vorrei esserlo, sono così creativi...

 

N. Cosa pensa dei curatori?

B. Penso che i curatori ed i critici d'arte siano come dei medici: dei tramite tra la medicina (l'arte) ed i malati (noi).

 

N. Il problema dell'arte?

B. Il problema da sempre dell'arte è la sua lontananza dalla gente. Per ragioni di costi, di cultura, di società; ma anche per problemi legati all'arte contemporanea. L'arte dovrebbe imparare dalla musica, essere a basso costo, riproducibile ed alla portata di tutti, non elitaria. Altrimenti scomparirà.

 

N. Ma ci sarà sempre qualcuno che dipingerà!

B. Ops! mi correggo: l'arte probabilmente è già scomparsa.

 

N. Per fortuna che ci è rimasto lei!

B. Spiritoso!

 

N. Molti affermano che gli artisti contemporanei in realtà sono solo dei furbetti. Lei che ne pensa?

B. Io penso che sia vero, ma è proprio per questo che li adoro. Sono certo che molti di loro si stupiscono quando la gente ancora si indigna di fronte alle loro provocazioni.

 

N. E lei come si considera?

B. Furbo nell'arte, un po' meno nella vita.

 

N. La religione?

B. Penso sia fondamentale per l'uomo, voglio ricordare alcune parole di Sigmund Freud: “La religione é un narcotico con cui l'uomo controlla la sua angoscia”.

 

N. Enrico. Perchè per tutta l'intervista ci siamo dati del Lei?

B. Beppino. Perchè doveva essere una intervista. Semiseria!

Beppino Nodelli, dicembre 2010